Storia dell’edificio
Il Palazzo della Federazione Provinciale Fascista o Palazzo Littorio, denominato in seguito Palazzo Italia e sede dell’attuale Questura, venne eretto tra il 1932 e il 1933 su progetto dell’architetto romano Mario Loreti.
Per progettare la nuova Casa del fascio, prima collocata in via Sacco, l’architetto romano dovette confrontarsi con le particolarità del terreno, concesso dalla Deputazione provinciale, che si estendeva per circa cinquemila metri su una superficie triangolare compresa tra l’adiacente Palazzo del Governo in Villa Recalcati e via dei Campigli. Durante le fasi di ideazione Loreti scartò due impianti compositivi di tipo convenzionale e arrivò ad una soluzione d’angolo piuttosto innovativa, che presenta affinità nell’impianto con un progetto coevo di Giuseppe Samonà per il palazzo delle poste nel quartiere Appio di Roma. Loreti ideò due lunghi blocchi a sviluppo longitudinale e speculari tra loro convergenti verso un corpo di fabbrica verticale di forma semicilindrica, cardine della composizione e l’asse di simmetria dell’intero edificio, nel quale era previsto l’ingresso verso la nuova piazza. La verticalità della struttura venne ampliata da ampie ed ariose vetrate nel corpo semicilindrico e dalla poderosa torre dell’orologio di forma prismatica.
Il complesso edilizio venne costruito dalla ditta milanese Daniele Castiglioni in cemento armato e rivestito esteriormente nella zona basamentale di ceppo, un materiale locale proveniente dalla bergamasca e dalla zona del lago d’Iseo, di mattoni con fasce e stipiti in travertino. Le pareti furono rivestite di intonaco terranova, utilizzato negli anni Trenta per le sue risorse policrome. I due corpi di fabbrica speculari vennero ornati con due imponenti iscrizioni poste in sommità: «dieci per dieci: un secolo».
Dall’aspetto severo ed essenziale l’edificio comprendeva centotrenta locali, di varie dimensioni, destinati ad ospitare gli Uffici della Federazione dei Fasci di Combattimento, il Sacrario dei Martiri, le organizzazioni dipendenti del partito, il commando della 8° Legione “Cacciatori delle Alpi” e gli uffici della direzione, redazione, amministrazione e tipografia della Cronaca Prealpina.
Strutturato su tre piani, la base, spezzata in due tronconi semiobliqui, formata dal solo pianterreno, proteggeva la sala delle Adunanze di forma ellittica posta al centro del poligono. Questa sala aveva due ingressi: l’anteriore, verso l’atrio, destinato alle autorità e il posteriore destinato al pubblico.
A questo piano terreno nell’ala destra dell’ingresso principale stavano il comando della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale e il Sacrario “delle giovinezze cadute per la Rivoluzione”, posto di fronte allo scalone d’onore. Quest’ultimo appare come una raffinata struttura autoportante con lastre di marmo parzialmente sovrapposte l’una all’altra e con un’elegante balaustra completata da un corrimano ligneo. Nell’ala sinistra erano collocati i sindacati intellettuali, i sindacati edili e l’Associazione Mutilati e Combattenti.
Il primo piano era adibito a sede degli uffici della Federazione e dell’ufficio della Segreteria Federale a capo della quale stava Angelo Tuttoilmondo, promotore del progetto edilizio, mentre gli altri piani erano occupati dalle organizzazioni collaterali.
L’uso di linee semplici ed essenziali combinate con una pianificazione funzionale degli spazi e accostate all’uso di materiali eterogenei per l’apparato esterno costituiscono elementi tipici dell’architettura razionalista del Novecento e pongono questa costruzione tra le più significative del periodo in Varese.
Da un’attenta analisi dei quotidiani dell’epoca il 20 aprile 1933 la costruzione dell’edificio risulta ancora in corso. Il palazzo venne inaugurato senza alcuna cerimonia solenne, insieme ad altre opere di pubblica utilità realizzate nel nuovo capoluogo provinciale costruite nel XI anno dell’Era fascista, durante la storica ricorrenza della Marcia su Roma il 28 ottobre di quell’anno. Il 15 gennaio 1934 gli uffici si insediarono e divennero operativi.
Tra la fine del 1936 e l’inizio del 1937 il Palazzo Littorio venne arricchito da una serie di sei affreschi realizzati dal pittore Giuseppe Montanari, che offrì la sua maestria gratuitamente. Grazie ad una collazione tra le fonti dell’epoca è stato possibile stabilire la conclusione del ciclo pittorico nel febbraio del 1937. In una lettera dell’Archivio Montanari, datata 23 febbraio, Tuttoilmondo ringrazia l’artista in questi termini: ora che la nostra Casa Littoria è mercè Sua popolata di immagini consegnate al muro vivo e, io affermo, al Tempo desidero ringraziarla per l’opera sua.
In tal modo Palazzo Littorio, uno dei luoghi più rappresentativi dell’architettura razionalista e del rinnovamento urbanistico di Varese, raggiunse la sua completezza artistica.